sabato 31 ottobre 2020

Caffè e fauna ittica

Sono seduta a prendere un caffè al tavolino di un bar in periferia, ma di quelli un po' modaioli. C'è pochissima gente: ai tavoli esterni oltre a me un uomo e una donna, giovani e ben vestiti. Lui parla, parla, parla, lei assente nel senso di assentire. Arriva un'altra donna, più anziana. Tacchi da equilibrista. Capisco che è un colloquio di lavoro per la donna più giovane. Non lo fanno in ufficio? Forse per via del Covid preferiscono farlo all'aperto? No, almeno lui pare fottersene altamente della pandemia e si sporge a dare baci smucciosi alla vittima, convinto, lui, che il virus non esiste o quantomeno lui non è infetto. Forse asintomatico. Ah ah ah. Le chiedono quanto vorrebbe guadagnare. Lei risponde una cifra che a me, non sapendo di che lavoro si tratta, pare bella alta, aspettandosi di essere ridimensionata. Lui ride e le conferma che anche solo "segnalandogli le macchine" (?) farebbe quella somma senza problemi. L'altra donna conferma che lei fa cifre ben maggiori. Poi infila là che non le faranno "pagare le pentole" come altre ditte simili. Sono due squali che accerchiano una tonna. E non ci credo che lui non sia infetto.


venerdì 6 marzo 2020

Marchese del Grillo ai tempi del COVID-19

"Tante volte un naso raffreddato
Vale quel tesoro che cerchi tu" 
(Nessuno, ultimamente)

Col dilagare della psicosi da virus, nella relativa sicurezza della nostra trincea, ognuno di noi si affida alle proprie coping strategies per superare con serenità la giornata al desk. 
È così che ho scoperto l'animo poetico di una delle mie colleghe, e non posso non condividere col mondo l'opera sua. 


giovedì 5 marzo 2020

Stagione 2 - Chain of fools

"Ogni catena ha un anello debole"
(Vecchio coro alpino della prima guerra mondiale)


Sono passati diversi mesi dal mio ultimo post, nel frattempo sono successe un po' di cose: ho terminato il corso, qualificandomi, e sono ancora alla ricerca di un lavoro. Intanto sto partecipando a un progetto di reinserimento e da due settimane ho iniziato un nuovo stage. 
Quindi sì, è la Stagista Stagionata Stagione 2 (nuovi giochi di parole sarebbero graditi e bene accetti, se qualcuno ha suggerimenti).
La cosa più bella? Mi hanno rimandata all'ufficio turistico, dove, se tutto va bene, resterò fino a giugno inoltrato.

Da principio pensavo sarebbe stato monotono e noioso: rifare le stesse cose dell'anno scorso? Beh, facevo i conti senza l'oste, e l'oste di quest'anno si chiama Coronavirus. 

Da dove cominciare? Non ci sono gite, i turisti scarseggiano, gli eventi vengono cancellati uno ad uno e, sebbene la primavera si avvicini si sta come d'autunno sugli alberi le foglie. Portiamo i guanti monouso, ci disinfettiamo regolarmente le mani, gradiremmo delle mascherine, ma per ora quello che ci hanno dato è una catena e tre paletti, tenuti fermi da sacchi di sabbia, e all'improvviso l'ufficio accoglienza turistica si trasforma in una trincea della Grande Guerra. 



domenica 23 giugno 2019

L'amarcord della Stagista Stagionata - Paperelle

Quack! Sbaraquack!
(ospiti inattese sul retro)

Dietro l'Ufficio Informazioni c'è un laghetto. Più una pozza d'acqua stagnante che nasconde i contrafforti delle vecchie Mura, ma tanto basta alla fauna ittica per farne un punto di ritrovo...

(Si capisce tanto che dopo il post sulla follia sentivo il bisogno di qualcosa di carino? Non sono carinissime?)


L'amarcord della Stagista Stagionata - Visita al Museo della Follia

Entrate, ma non cercate un percorso. L'unica via è lo smarrimento.
(rassicurante invito ad entrare al Museo)

Era scritto che ci andassi: il Museo si trova proprio dietro l'ufficio informazioni, ed è anche una delle attrazioni per cui si vendono direttamente i biglietti. Inoltre, mi dicono, come dipendenti - ma anche stagisti - dell'ufficio, possiamo entrare gratuitamente.

Il problema è che si tratta di una tematica che non mi lascia affatto indifferente, non ho mai veramente chiarito con me stessa se sono matta o no, e se non lo sono cosa sono, ed esplorare questi meandri del museo e della mia anima ho sempre paura che mi faccia star male. Così rimando, a volte mi dico che non sono certo costretta a vederlo, a volte sono curiosa, poi sono pigra, poi soltanto ho paura. Ed arrivo al penultimo giorno di stage, un venerdì 17, oltretutto. O lo faccio oggi o lo faccio domani, e domani è sabato e ci sarà troppa gente. E finalmente mi decido.

Finito il turno, invece di dirigermi verso il parcheggio, vado verso il Museo, la Cavallerizza, si chiama. Era, credo, un'antica scuderia appena dentro le Mura, recentemente restaurata e predisposta per eventi di vario genere, come il Museo, che, a dispetto del nome, è in realtà una mostra itinerante che resterà a Lucca fino a circa metà agosto. Si tratta di un ampio spazio, molto luminoso, che per l'occasione è stato trasformato in una serie di corridoi e stanzette semibuie, grazie a pannelli rivestiti in tessuto nero.

Vengo accolta dal buio, e da un orologio che ticchetta un tempo inesorabile, quasi insostenibile da ascoltare, e in quella stanza mi fermo a leggere una scritta luminosa e vacillante, tratta dalle memorie di Alda Merini. Mi addentro nel Museo (non ho usato a caso la parola meandri poco fa!) e mi perdo tra quadri e ricordi e oggetti inquietanti. Sospeso da fili, in una sala c'è un'enorme scultura di legno, simile a un trapano. Solo quando vedo lo stesso oggetto a misura naturale, molto più piccolo, capisco che cos'è e la rivelazione mi atterrisce quasi. Serve ad aprire forzatamente la bocca, è praticamente uno strumento di tortura camuffato malamente da equipaggiamento medico. Divento poi la pallina invisibile di un gigantesco biliardino, in cui ogni omino nasconde un ricordo bruciato e polveroso.
Vengo attratta da un corridoio incredibilmente illuminato e mi ritrovo in una stanza tutta pannelli bianchi, lattiginosi, con le foto scolorite e deturpate di decine di pazienti. È troppo, voglio uscire, voglio l'aria aperta, ma per arrivare all'uscita devo passare davanti ad altre camere, numerate, che si aprono come incubi. In una entro addirittura, seguendo l'invito a chiudermi la porta dietro. Mi ritrovo in un bugigattolo di pochissmi metri, dove non potrei mai stare distesa, a fissare quello che doveva essere l'interno della porta di una cella. Mi volto ed esco, incespicando sul gradino, trovo l'uscita e dico al bigliettaio: "Avrò gli incubi per settimane, ma è stato bello" e dicevo il vero.


L'amarcord della Stagista Stagionata - Murphy in risciò

Ogni soluzione genera nuovi problemi.
(VII corollario alla "Legge di Murphy")
Dopo un paio di settimane trascorse al checkpoint chiedo e ottengo di potermi dividere tra i due uffici: la mia speranza è quella di non dovermi fossilizzare in un unica mansione, che si sta rivelando particolarmente monotona e impegnativa, così (nel frattempo quasi tutti gli stagisti hanno terminato i loro tirocini e si sta più larghi al bancone) faccio ritorno a Piazzale Verdi per qualche ora al giorno, un paio di volte a settimana restandoci addirittura per tutto il tempo.

Inizio a muovermi con maggiore disinvoltura, e spesso sono in grado di risolvere da sola i problemi che mi vengono posti. A volte, però, mi trovo in grande imbarazzo e, se anche riesco a dare una soluzione, non posso fare a meno di chiedermi se avrei potuto fare diversamente, e meglio, e continuo a rimuginarci su. Tanto.

Un radioso pomeriggio d'aprile telefona una signora che vuole organizzare una breve vacanza a Lucca con la famiglia nel mese di giugno (quindi probabilmente sarà qui in questi giorni, o addirittura c'è già stata: mi perdoni, signora, posso solo dirle che ho fatto del mio meglio!)
Mi chiede le cose da vedere, e se ci sono tour della città fatti con pullmini o altri mezzi, perché tra loro c'è una persona che ha problemi di deambulazione e a piedi potrebbe non farcela.
Io so, per l'esperienza accumulata, che vengono realizzate tutti i giorni delle visite guidate, ma tutte rigorosamente a piedi: il centro storico di Lucca, tutto stradine strette e pavimentazioni antiche,  mal si presta alla circolazione a motore, e le sue dimensioni ridotte e a misura d'uomo rendono poco necessario trovare altre soluzioni per percorrerlo. Che le dico? È la stessa signora a venirmi incontro: non ci sono, mi chiede, quelle biciclette grandi per quattro persone? Ma sì, i risciò! rispondo. E le comunico con letizia che sono disponibili in diversi noleggi di biciclette in centro e fuori le Mura.

Riattacco sentendomi soddisfatta di me per aver risolto i dubbi della potenziale turista e continuo la mia giornata con rinnovata fiducia in me stessa e nel cosmo. Ma, come dice il postulato di Boling: Se sei di buon umore, non ti preoccupare. Ti passerà.

Il giorno dopo, infatti, le cronache locali danno notizia di un più che probabilissimo "Stop del Comune ai risciò", cosa che si verifica giusto giusto ai primi di giugno. Cosa farà, o ormai avrà fatto, quella signora e il suo parente non deambulante? Saranno poi venuti a Lucca? E se sì, avranno potuto visitare la città senza problemi? Quanto mi malediranno per le mie incaute parole?


mercoledì 19 giugno 2019

L'amarcord della Stagista Stagionata - La ballata degli addetti al checkpoint

"Calma, dignità e classe"
(antico mantra per addetti al settore)

Il checkpoint è un luogo fuori del tempo e dello spazio: arrivo la mattina qualche minuto prima dell'apertura e già c'è una litania di autisti e personaggi vari che bivacca alla porta. Sono giunta al punto di sospettare che i pullman arrivino durante la notte e autisti e passeggeri dormano chi a bordo, chi sulle panchine davanti allo sportello.

Comunque si fanno le 9.30 e le porte si aprono, buona parte della folla si riversa dentro e cominciamo la giornata. In quanto stagista, i compiti che posso svolgere sono limitati: c'è infatti tutta una parte di registrazione degli utenti nel portale, che deve essere effettuata dal dipendente, fornito di identificativo e password, e quindi ne vengo esclusa. Quello che faccio è mettermi su una faccina sorridente e preparare tutto perché questa registrazione sia la più rapida e indolore possibile. 

La prima cosa è capire la nazionalità di chi ho di fronte, o almeno quale delle lingue in cui sono stati stampati i formulari possa essere la più adatta. Perché ci sono dei formulari, con tutta una serie di domande capaci di mandare in crisi anche l'autista più preparato, e sono disponibili in sei lingue: italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo e polacco. Di solito chiedo diretta: "Where are you from?" e se vengono da posti che non parlano le lingue di cui sopra provo a proporre il foglio in inglese, o in tedesco, e a volte capita che l'autista parli solo e soltanto la propria lingua e non ci sia verso di comunicare in altro modo, e bisogna ricorrere a un traduttore online, cosa non facile quando c'è una sola postazione computer e devi chiedere al collega di cercare la traduzione. A volte, però, gli autisti sono solidali tra loro e cercano di aiutare chi è in difficoltà. Ricordo in particolare un gentilissimo signore slovacco che rimase finito il suo inserimento per aiutare un collega ceco che non parlava altro a compilare il suo modulo. E il modulo è tosto anche per gli italiani che giocano in casa, perché le norme variano di città in città e pare che Lucca sia particolarmente esigente in materia. La cosa più difficile è aggiungere partita IVA e mail dell'azienda, che ogni bravo autista puntualmente ignora. 

Ma in generale, ogni cosa della registrazione è fonte di pianto e stridor di denti, dal produrre i documenti personali, che si sa, uno che guida attraversando paesi e continenti quasi mai si porta dietro la patente... (per amor di precisione, di solito la tengono sul bus e quando capiscono che tocca andare a prenderla hanno uno scompenso). Patente, ma anche carta di identità o passaporto: io fotocopio e restituisco, e se mai ho imparato una cosa in questo stage è mai chiedere le ultime due a un olandese... il primo ci ha riempito di improperi nella sua lingua e l'unica parola che ho capito è stata "mafia" ripetuta prima di ogni virgola, e anche dopo. Il secondo, più conciliante, ci ha spiegato che da loro è illegale fotocopiare carta di identità e passaporto perché mi ci potrei comprare una casa (sic), ma almeno ha conservato la calma e infine ha consentito a farmi fotocopiare la patente, che a quanto pare non presenta lo stesso inconveniente. 

Altro scoglio sono le riduzioni che la società concede ai gruppi scolastici, o che hanno acquistato o prenotato servizi in città: un pranzo in ristorante, una visita guidata o a un museo, oppure se si dorme in albergo. Lo so, uno penserebbe che la possibilità di uno sconto sia cagione di sollievo, ma anche in questo caso occorre produrre documentazione cartacea di quanto dichiarato, e non sempre ce l'hanno in una forma che possa essere da noi accettata. n

Finalmente si arriva al pagamento della tassa e a questo punto gli autisti sono soprattutto contenti che sia finita, gli diamo la ricevuta e il voucher da affiggere al finestrino e loro possono finalmente andare in pace. 

Poi ci sono quelli, sempre troppo pochi e mai abbastanza commendati, le cui società hanno pagato in anticipo online, usufruendo di un ulteriore sconto, e arrivano con il voucher già stampato, ed è una gioia potergli dire: "Just put it at the window and you're ok!"


Caffè e fauna ittica

Sono seduta a prendere un caffè al tavolino di un bar in periferia, ma di quelli un po' modaioli. C'è pochissima gente: ai tavoli es...